Esperienza Nell’Uso Dei Contatori

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Esperienza Nell’Uso Dei Contatori

Ferme restando le considerazioni esposte sulle caratteristiche comuni che emergono da questo gruppo di interviste alle imprese, è comunque possibile rilevare alcune differenze tra i risultati che riguardano rispettivamente il focus emiliano e romagnolo.

In primo luogo, sebbene in tutti i casi, ai fini della ricerca delle aziende da contattare, fosse importante utilizzare canali informali, in Romagna questa si è rivelata l’unica via percorribile visti gli esiti praticamente deludenti dei contatti presi a livello istituzionale .
A conferma di ciò, l’intervistatore che si è occupato di quest’area riferisce che gli sportelli più noti sono: “quello del Centro per l’Impiego di Ravenna, dove però le attività prevalenti – secondo la dichiarazione del dirigente – sono rivolte al tirocinio formativo (…) e la scelta che è stata fatta è quella di non dare accesso extracomunitario a questi servizi; e quelli dei sindacati”. Guardando meglio – continua l’intervistatore – “si scopre che in provincia ci sono decine di sportelli rivolti agli stranieri, ma non sono collegati tra loro, e quindi vanno disperse centinaia di informazioni che sarebbero utili sia ai lavoratori che alle aziende ”.
Quadro istituzionale altrettanto scoraggiante è quello riscontrabile nel territorio di Forlì-Cesena, dove un responsabile dell’Ufficio Formazione Professionale della Provincia sostiene: “gli studenti extracomunitari non rispondono positivamente ai corsi[in realtà a tutt’oggi risulta esserne stato soltanto uno, per loro. N.D.R.] (…) perché rifiutano di seguire corsi che li portino a svolgere attività lavorativa”, gli fa eco un dirigente del coordinamento dei centri per l’impiego della Provincia, il quale dichiara che c’è “molta confusione (…). Ma non c’è un progetto specifico per i Paesi extracomunitari (…) ei Centri per l’Impiego di Forlì e Cesena, e presto anche Svignano, sono per ora in una fase di transizione”.

In un panorama di questo tipo (dove il centro di iniziativa relativamente più ampio sembra essere l’associazione Mappamondo, che tra le attività dichiara 4 sedi per stranieri a Ravenna, Cesena, Imola e Bentivoglio, e collaborazioni con enti di formazione professionale) non stupisce che le interviste alle aziende locali danno giudizi prevalentemente negativi sulle esperienze di ricorso agli sportelli, come ad esempio: “Non c’è alcun impegno da parte loro a dare informazioni approfondite sui lavoratori che fanno domanda. Nella maggior parte dei casi forniscono solo elenchi che includono tutti i lavoratori, anche non stranieri”.
“Le informazioni raccolte da questi sportelli sono superficiali. Succede che i lavoratori non sappiano fare il lavoro riportato nella scheda”.
“Non chiedono informazioni di alcun tipo e allo stesso tempo non ci sono più contatti tra l’azienda e lo sportello. Quindi non si saprà mai se il lavoratore è stato assunto o meno. Mancano i controlli incrociati”.
“Molti lavoratori stranieri non conoscono nemmeno l’esistenza di quei servizi; infatti, se hanno bisogno di informazioni, ad esempio legali, spesso si rivolgono alla segreteria dell’azienda in cui lavorano, a volte perdendo tempo”.

Oltre alle notazioni negative di questo tipo, vi sono quelle – alle quali si è già fatto riferimento – che nascono dalla sfiducia nei confronti delle “complicazioni” che si possono incorrere rivolgendosi ad uno sportello sindacale. Due esempi.
“Ho ancora paura di cercarli allo sportello” (agricoltore di Igea Marina).
“L’azienda preferisce utilizzare altri tipi di ricerca: sul giornale o con il passaparola. Lo considera più sicuro” (ristorante a Rimini).
La “paura” che secondo alcuni intervistati deve essere davvero forte se – come emerge ancora da una nota dell’intervistatore – alcuni di loro si spingono addirittura ad “identificare il “banco di lavoro” (del Centro per l’Impiego) come lo “sportello di sala lavoro”, mentre quello del Centro Servizi CGIL è denominato “sportello sindacale”.
Certo, anche in Romagna non sono del tutto assenti aziende che danno giudizi positivi sulle esperienze di assunzione allo sportello, o che esprimono giudizi negativi per alcuni aspetti ma positivi per altri. Due esempi.
“L’esperienza è stata buona. Mi hanno mandato un giovane somalo che era malato dov’era prima, e ora l’ho assunto e sono soddisfatto. Ma dovrebbero dare molte più informazioni sugli operai, perché cercherei altri lavoratori” (industria meccanica di Sant’Arcangelo).
“L’attività dello sportello mi sembra positiva. Ho assunto la ragazza che mi hanno mandato, anche se lei non sapeva tutto quello che c’era sul foglio scritto, perché è disposta” (albergatore di Rimini).
Anche in casi come questi, tuttavia, non di rado si tratta di una segnalazione ricorrente di mancata o non del tutto soddisfacente attendibilità in merito alle competenze professionali delle start up; questo problema è che solo alcune delle aziende intervistate sembrano disposte ad affrontare assumendo l’incarico di formare il lavoratore in questione (o completandone la formazione), e – anche

in questi pochi casi – solo a condizione che sia una persona “disponibile”. La mia ultima osservazione è che tutti i casi di valutazione positiva o comunque non molto negativa riguardano sindacati o centri sociali privati.

Un clima nettamente diverso è emerso dai colloqui da parte delle due aree emiliane in cui si è svolta l’indagine. In generale, due fattori sembrano contribuire a questo:
1. la presenza attiva di alcuni “punti alti” di elaborazione e di iniziativa istituzionale in materia di immigrazione, soprattutto nelle province di Reggio Emilia, Modena e Parma, a cui la maggior parte degli ampi stralci di interviste a funzionari riportati nel capitolo dedicato alla prima fase di ricerca si riferiscono;
2. e una rete molto strutturata e attiva di centri di iniziativa costituita e sostenuta da privato sociale, sindacati e terzo settore, enti di formazione professionale.

Va precisato che il quadro territoriale delle aree in esame è caratterizzato non solo dalla presenza di questi due gruppi di attori, ma anche dai rapporti di cooperazione instaurati tra loro per lo sviluppo di adeguate procedure e metodologie di intervento integrato nel campo delle migrazioni. Nel Piacentino e nel Ferrarese, invece, la situazione, dal punto di vista istituzionale, era molto meno dinamica. Nel primo caso, in particolare, l’unico centro di iniziativa che sembra operare a pieno regime nel corso delle problematiche che definiscono la situazione degli immigrati è il “Centro Immigrati”, organizzazione autofinanziata e sostenuta dal volontariato di operatori , tecnici, medici, docenti e tirocinanti del corso per mediatori culturali attivato dall’Università Cattolica. In merito al tema specifico di questa ricerca, il religioso responsabile del Centro, dopo aver chiarito in cosa consiste quella che definisce la fase di “svezzamento informale necessaria per l’integrazione dell’immigrato” (di cui fa parte l’apprendimento della lingua italiana) afferma tra l’altro: “un obiettivo che il Centro si pone è quello di favorire il riconoscimento del titolo di immigrato anche sul territorio nazionale. (…) Un gran numero di cittadini extracomunitari con regolare permesso di soggiorno e qualifiche sono attualmente disoccupati perché non riconosciuti come titolari di un titolo (un caso eclatante è quello degli infermieri). (…) Il Centro offre formazione a 360° (cucito, cucina, lavoro, ecc.). Tutto questo non viene riconosciuto a livello “ufficiale” ma i risultati sono buoni: molti imprenditori si rivolgono a noi per trovare lavoratori e molte donne e uomini hanno trovato lavoro grazie alla mediazione che il Centro mette in atto. Godiamo di una buona “credibilità” sul territorio e le reti di collaborazione, sia con i privati ​​che con le istituzioni (Comune, ASL, ecc.), sono attive e produttive, anche se tutto avviene, come di consueto, in modo informale” (1) .

Anche nelle aree più ricche di iniziative, però, i giudizi espressi dalle aziende intervistate sull’attività degli sportelli sono per lo più negativi o semi-positivi con forti critiche.
Molto diffusa è l’osservazione che le informazioni sulla professionalità/competenza degli immigrati “quasi mai corrispondono alla realtà”. Rispetto al territorio romagnolo, però, sembra essere più frequente il caso di aziende disposte ad affrontare questo problema con iniziative di formazione interna, per così dire, in itinere. Infatti, l’intervistatore nota:
“Le aziende sono già contente se la persona è onesta, il lavoro lo imparerà sul posto”. In realtà, questa differenza è probabilmente legata alla diversa composizione delle imprese censite nelle due aree, in termini di settore di attività (maggiore peso dell’agricoltura e soprattutto delle attività commerciali e alberghiere in Romagna; aumento della presenza di attività manifatturiere nell’area emiliana aree indagate). Un segnale di ciò può essere che nelle imprese disponibili alla formazione, in questi ultimi ambiti, sia relativamente frequente il caso di “affidamento” di nuove assunzioni straniere ad altri stranieri con maggiore anzianità aziendale(2).

Altre critiche ricorrenti agli sportelli riguardano vizi di relazione, ritenuti gravi dagli utenti che, oltre alla fornitura di nomi, richiedono un minimo di garanzie “personalizzate”: “l’unico servizio fornito è un elenco di nomi ed è difficile parlare con un operatore allo sportello per informazioni più dettagliate e/o per avere consigli ecc”.
Oppure ci sono segnalazioni di disservizi dovuti a scarsi controlli (o – come dicono alcuni – “negligenza burocratica”, o “disorganizzazione cronica”).
“L’elenco comprende spesso persone non più disponibili (già assunte), persone “disoccupate” da molto tempo perché in realtà lavorano senza lavoro; quando vengono contattati dall’azienda si rifiutano o provano per un tempo brevissimo e poi se ne vanno. Questo dimostra che non c’è un controllo adeguato di ciò che accade oltre a fornire una lista: non è richiesto alcun rapporto con l’azienda o l’immigrato, i dati di reclutamento non sono all’altezza

Data”.
Anche valutazioni apparentemente positive come la partenza spesso finiscono per rivelare una coda velenosa.
“Sono molto veloci nel fornire l’elenco a chi lo richiede (…); resta il fatto che poi sta all’azienda individuare o indovinare la persona giusta, magari dopo ore di telefonate”.
Ci sono anche imprenditori che affermano addirittura di non aver mai ricevuto risposta alle loro numerose richieste.
Sta di fatto che anche qui la forma più efficiente e affidabile di reclutamento dei datori di lavoro sembra essere quella che segue l’assunzione personale dell’immigrato in azienda, con un curriculum e/o meglio se accompagnato da qualche conoscente o altro straniero già assunto “che offrire una certa garanzia”.

In alternativa a questa modalità, si registra un ricorso sempre maggiore alle agenzie di servizi che forniscono lavoro interinale, anche se per il momento questa soluzione sembra praticata principalmente da aziende di maggiori dimensioni.
Una media impresa di ingegneria del Piacentino, ad esempio, afferma che circa il 90% degli extracomunitari (su un totale di 30 degli ultimi anni) è stato affittato “in affitto” da società di lavoro interinale, il restante 10% ha sia stato assunto mediante presentazione dell’immigrato stesso all’azienda e/o da persone conosciute.
I vantaggi che questo offre secondo gli intervistati possono essere riassunti come segue:

consente alla persona un tempo di “osservazione” sufficientemente lungo per poi iniziare un’attività lavorativa definitiva con una certa garanzia;
garantisce sempre la presenza del personale (“non rimani con il turno scoperto”);
non ci sono brutte sorprese perché il personale messo a disposizione è in regola con il permesso di soggiorno;
si ricevono dati affidabili sulle persone proposte e le agenzie sono molto sole nel cercare di soddisfare e soddisfare le esigenze delle imprese.
In alcuni casi rilevati, le aziende hanno addirittura avviato con questi servizi progetti volti a “stabilizzare” quote di lavoratori stranieri mettendo a disposizione – con l’ausilio di entrambe le parti (agenzia e azienda) – soluzioni abitative ad hoc. Infine, va registrato per la cronaca che “molti non COMUNITARI” sono indirizzati alle suddette agenzie dal Centro per l’Impiego stesso.

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